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le infiorate dell'edizione 2018
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I fraticelli: vittime dell’inquisizione?
La vetrata infranta che schiude sulla rappresentazione artistica, simboleggia il sentimento popolare controverso sulla giustizia, in un episodio della storia di Fabriano.
All’epoca, anno domini 1295, sotto il papa Bonifacio VIII, alcuni frati di S. Francesco diedero inizio alla setta dei Fraticelli. Un ordine di eremiti nato per seguire rigorosamente la primitiva regola di povertà predicata da S. Francesco. Vivevano in estrema povertà e questo fece guadagnare loro il favore della plebe che li aiutavano con le elemosine. Rifiutavano la gerarchia della chiesa romana e quindi avevano al loro interno i propri ministri. Di fatto costituivano un chiesa parallela spirituale e povera che si contrapponeva alla carnale, ricca e con eccessivo fausto di porpora e ori, chiesa romana.
Favoriti dall’assenza dei papi ritiratisi “oltre alpes” (Avignone-Francia), i Fraticelli si espansero in diverse nazioni e in particolare in Francia e Italia. Nelle marche nelle zone Fabriano e Massaccio (Cupramontana) le loro ultime propaggini.
Le loro idee religiose cominciarono a sconvolgere gli ordini politico-sociali. “Essi non agli uomini intendevano obbedire ma soltanto a Dio”. Erano diventati un autentico movimento popolare e rappresentavano, quindi, un grave pericolo per l’esistenza del papato e per la cristianità.
A quel tempo, i Papi erano molto influenti. Grazie alla scomunica tenevano in pugno re e imperatori in tutta Europa e i principi della Setta ponevano i Fraticelli come fautori di una chiesa parallela che potenzialmente ne avrebbero limitato, se non annullato, il potere papale.
Ecco quindi che nel 1332 papa Giovanni XXI mandò l’inquisizione a Fabriano e nel 1427 papa Martino V ordino la loro disfatta, tanto nelle persone, quanto le loro abitazioni.
Molti Fraticelli emigrarono, ma a Fabriano un nucleo sopravvisse fino al 1449, quando Papa Niccolò V ritrovandosi a Firenze, anziché tornare a Roma, entrambe città in cui dilagava la peste, preferì passare a godere dell’aria salubre (Salubrioris aeris gratia Fabrianum petiit) di Fabriano (24 luglio 1449).
Ma il motivo principale della sua visita fu quello di estirpare definitivamente le ultime propaggini dell’eresia dei Fraticelli. Cosi questi, in numero di nove furono bruciati in piazza del mercato, uno a uno, con l’accusa di eresia in un rogo durato tre giorni.
L’inquisitore fu San Giacomo della Marca che nel suo “Dialogus contro Fraticellus” del XIV secolo, asserisce che quel grande falò arse alla presenza del pontefice stesso.
I documenti dell’epoca pervenuti ai nostri giorni mostrano un quadro non edificante della setta dei Fraticelli. San Giacomo della Marca attestò di aver veduto i Fraticelli commettere cose orrende, non convenevoli a riferirsi e che in oltre 130 anni non aver essi mai condotti alla loro maledetta setta alcun uomo sapiente o persona notabile, ma solo villani e ignoranti. Altri scrittori riportano che i fraticelli asserivano che Giovanni XXII e suoi successori non erano stati veri pontefici.
Ma le accuse esprimono il punto di vista dei potenti, negli scritti dei fraticelli pervenutici non v’é accenno alcuno a turpitudini o pratiche illecite delle quali furono accusati.
Rimane così difficile ora asserire con certezza se i fraticelli furono eretici, capaci delle più orrende nefandezze, o vittime della inquisizione.
Sonia Bevilacqua
Porta Cervara
Realizzare un’immagine sull’amministrazione della giustizia nel comune di Fabriano tra XIII e XV secolo, senza schierarsi emotivamente dalla parte degli inquisiti e dei condannati, non è stato semplice, perché il carattere violento del sistema giudiziario, nel periodo medievale, non poteva essere messo in secondo piano. Ne è uscita fuori un’opera probabilmente enigmatica, che spero possa promuovere, tra il pubblico, una più libera e incondizionata riflessione sul tema trattato. Mi limito, quindi, a fornire solo qualche informazione su alcuni elementi presenti nell’immagine.
I manichini
L’uso del manichino nell’arte ha radici lontane, ma è solo nel Novecento che il manichino, fino ad allora relegato a semplice strumento di studio, è stato utilizzato, da alcuni pittori, come il protagonista assoluto delle proprie creazioni artistiche.
Il tratto di corda
La corda, nella tortura, è definita la regina dei tormenti. Questo perché era economica, facilmente reperibile e poteva infliggere molto dolore con il minimo sforzo. Il tratto di corda è un sistema di tortura e una pena corporale in uso fino all’Ottocento: la vittima con le mani legate dietro la schiena, veniva issata a qualche metro da terra, facendo così gravare tutto il peso del corpo sulle spalle. Il prigioniero, poi, veniva fatto precipitare, ma prima di cadere al suolo, la corda veniva fermata di colpo, provocando la slogatura delle spalle.
L’Inquisizione medievale
L’Inquisizione era l’istituzione ecclesiastica fondata dalla Chiesa per indagare, mediante un apposito tribunale, i sostenitori di teorie considerate eretiche. Aveva il compito di tentare con tutti i mezzi, compresa la tortura, di convincere l’indagato ad abiurare, cioè a ritrattare le proprie tesi.
San Giacomo della Marca
San Giacomo della Marca fu un grande predicatore francescano e fu impiegato dal suo ordine nel contrasto all’eresia. L’immagine del santo, dipinta nel 1487 da Carlo Crivelli con l’intervento della sua bottega, è conservata nelle Gallerie dell’Accademia a Venezia.
Il podestà
Il podestà era la più alta carica civile nel governo delle città dell’Italia centro-settentrionale durante il Basso Medioevo: guidava l’esercito, presiedeva i consigli cittadini, controllava la riscossione delle tasse e l’amministrazione della giustizia.
“È un’ingiustizia però”
È la frase pronunciata da Calimero, personaggio dell’animazione pubblicitaria italiana degli anni sessanta e settanta. È forse ciò che pensa l’uomo di oggi della giustizia medievale. E se fosse un luogo comune?
Vittorugo Sassi
Porta del Piano
Titolo: Accusatio, denutiatio et inquisitio
sono le parole che mi hanno guidato nell’ideazione del bozzetto per questo progetto. Dopo aver letto con attenzione il bando ho immaginato una scena ambientata nel medioevo fabrianese che si dischiudesse svolgendo una pergamena sul cui rotolo le tre parole guida ho scritto in antica calligrafia.
Quindi ho disegnato il Palazzo del Podestà, dove veniva amministrata la giustizia e , avendo letto che una forma di pena per chi uccideva con balestra o arco era legare ad un cavallo il giustiziato, ho rappresentato il poveretto a terra, al termine della corsa dell’animale dopo essere stato trascinato per le strade della città con intorno un gruppo di persone afflitte .Al centro una meretrice, distinguibile dal laccio rosso necessario quando “quelle donne” si recavano entro le mura cittadine.
L’opera del boia che ho raffigurato in piedi con in mano l’ascia, era richiesta per i parricidi che, dopo essere stati trascinati da un cavallo per le vie di Fabriano, venivano portati al patibolo dove lui li attendeva per la decapitazione pubblica.
Per ultimo ho dipinto uno dei “ fraticelli” messi a morte dalle fiamme in seguito alla loro colpa, la setta che avevano formato a Fabriano, come ben descritto nelle memorie storiche a cui si riferisce il bando.
Rossella Baldecchi
Porta Pisana
“Accusatione, denumtiatione et inquisitione”
ovvero:
“L’accusa, la denuncia e il processo inquisitorio”
Nell’immaginario dell’artista, la scena che vediamo rappresentata prende spunto dal II Libro (dei 5 che lo compongono) dello statuto chiavellesco del 1415, riguardante i malefici o cause criminali che dir si voglia.
Al centro del quadro, troviamo una bellissima fanciulla dai lunghi capelli, con brandelli di vestito che scoprono il suo corpo martoriato, condannata alla flagellazione sulla pubblica piazza, per aver (secondo il Podestà in quanto amministratore di Giustizia) falsamente dichiarato di essere stata violentata da un importante Signore della città.
Sulla destra, un malvagio flagellatore, con il suo iconico vestito rosso, che mostra tutta la sua forza contro un’inerme figura femminile.
Sulla sinistra il Podestà, con in mano la sua pergamena di denuncia, dove il dubbio regna sovrano: chi sarà il Signore da “coprire”, il Chiavelli… o lui stesso?
Il corvo nero, poggia sul ciocco del condannato con tutta la sua imponente diffidenza, simboleggiando il passaggio dalla vita alla morte, dal bene al male, dal giorno alla notte; i suoi artigli sfiorano una mela rossa, simbolo del peccato primordiale, il frutto che mangiò Eva e ne causò la cacciata dall’Eden. Ma è una mela sanguinante, ad evidenziare le ferite e il dolore lancinante, creato dall’ingiustizia nei confronti del gentil sesso nel medioevo.
A fare da sfondo a tutto questo vediamo sventolare i colori di Fabriano, sopra le vetrate di una Chiesa, dove venivano sempre svolti gli interrogatori delle donne e dove emanavano le giuste (più o meno) sentenze.
Sono vetrate dal tocco moderno, senza tanti colori o fronzoli, per strizzare l’occhio al presente, come a sottolineare che forse il passato è ancora tra di noi.
La ruota di cielo stellato, è una cornice dal tratto magico, dove ognuno di noi può vedersi trasportato a riveder le stelle, ma forse…non sempre quel che si vede è la pura e semplice realtà.
Simone Salimbeni